Juventus e Nott’s County, al J.Museum in ricordo di John Savage

Si chiamava Tom Gordon Savage, detto “John” ,  Savage fu uno dei primi giocatori ed il primo straniero in assoluto della Juventus,  una curiosita’, durante il suo soggiorno italiano gli venne attribuito il titolo di marchese, di dubbia certezza, visto che nessun titolo nobiliare risulta per lui dagli archivi inglesi , per i vecchietti un nome molto importante nella storia della Juventus, e’ a lui infatti che si deve il nostro colore, il bianconero, che fu proprio Savage a importare, nel 1903, dal Notts County.  Non a caso è stato proprio il Notts County a inaugurare con la Juve, nel 2011, lo Juventus Stadium con un match amichevole.  Il legame con la squadra inglese e con la famiglia di Savage è stato rinsaldato allo J.Museum , in un’occasione particolare: non solo una sfida che profuma di storia, come Juve-Genoa, ma anche e soprattutto il 66’ anniversario della scomparsa di Savage.  Al Museo sono venuti  due pronipoti di Savage,  accompagnati da alcuni tifosi dell’Italian Magpies) ,  la delegazione ha portato una maglia ufficiale e una lettera firmata dal Presidente del Notts, dopo aver visitato lo Stadium e il Museum si sono intrattenuti con alcuni tifosi bianconeri dei club di Saluzzo , Madunina , Groane e Londra.

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museo_savage09.variant1400x787museo_savage21.variant1400x787 (foto e notizia da Juventus.com)

Fu tra i primi calciatori a militare in Italia, nel Torino Football & Cricket Club che nel 1891 si fuse con il Nobili Torino per dare vita all’Internazionale Torino. Savage partecipò al primo campionato di calcio italiano, tra le file dell’Internazionale Torino, club del quale era capitano e allenatore e con il quale raggiunse la finale di campionato persa contro il Genoa per due a uno. Anche nella stagione seguente, sempre tra le file dell’Internazionale Torino, disputò la finale di campionato, persa anche in questa occasione contro i genovesi, che vinsero per tre a uno.

In seguito militò per due stagioni nella Juventus. A lui si deve l’adozione della maglia bianconera da parte della squadra. Ricoprì il ruolo di attaccante per cinque partite senza segnare alcuna rete. Il suo esordio avvenne contro il Milan il 28 aprile 1901, in cui i rossoneri vinsero per tre a due, mentre la sua ultima partita avvenne il 20 marzo dell’anno seguente contro il Torinese Football Club partita anch’essa persa dai bianconeri per quattro a uno.

ciao Romolo

Questa mattina è scomparso  Romolo Bizzotto, un nome caro a tutti noi juventini , un nome legato da sempre ai colori bianconeri.

Nato a Cerea, in provincia di Verona, il 16 febbraio 1925, Bizzotto ha giocato per 2 stagioni alla Juventus, nel 1949/50 e poi nel 1951/52, collezionando 46 presenze e 2 gol e vincendo 2 Scudetti. Dopo la carriera da calciatore, la Juventus lo chiama (1971/72) per guidare  il settore giovanile al posto di Vycpalek  promosso in prima squadra dopo la scomparsa di Armando Picchi. Nel 1972 Bizzotto porta i giovani  alla vittoria del Campionato Primavera superando in finale la Roma.  Guida la prima squadra in un’unica occasione Juventus-Cagliari Serie A del 7 maggio 1972, sostituendo il tecnico cecoslovacco Vycpalek, ma chi era Bizzotto ? Bizzotto era  un gentiluomo di vecchio stampo,uno che non amava parlare di sé ,  il suo nome  è stato legato ad una delle Juventus più forti della storia, quella dei grandi assi danesi John Hansen e Præst e del giovane Boniperti, tra il 1949 e il 1952. Due scudetti vinti, con il contributo complessivo di 46 presenze e 2 reti.

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«Ho iniziato la carriera giocando, giovanissimo, nel Verona in serie B ed in quel periodo fui convocato anche per le Olimpiadi di Londra. Purtroppo, non scesi in campo, perché fummo eliminati alla seconda partita, dalla fortissima Danimarca, quella dei due Hansen, dei Præst, Pilmark, Jensen, tanto per gradire. Perdemmo 5-3 nei quarti di finale. Giocavo centromediano metodista e, dopo i Giochi, fui acquistato dalla Juventus. Era una squadra fortissima, forse la più forte di tutti i tempi; in due campionati, superammo le cento reti segnate, eravamo formidabili in attacco. Essendo, però, quella squadra formata da tantissimi campioni, furono poche le volte che scesi in campo ma, per me, era già un grandissimo vanto vestire la maglia bianconera.
Poi, passai alla Spal e di lì al Palermo, alla Carrarese, alla Lucchese ed, ultimo della serie, il Rovereto. Qui terminò la mia carriera di giocatore. Infatti, un giorno si giocava la partita fra il suddetto Rovereto e l’Audace di San Michele Extra, capitanata da Mariolino Corso. Ebbene, proprio Mariolino mi superò con una facilità impressionante, facendomi passare la palla sopra la testa, con il sottoscritto fermo come una statua.
Quello sgarbo mi fece intendere che, anche se calcisticamente non ero proprio da buttare (avevo trentadue anni) era giunto il momento di smettere. Mi resi conto che i riflessi non erano più quelli, la velocità di esecuzione neppure e non bastava certo una buona dose di esperienza per contrastare quelle forze emergenti, quei baldi giovani che quasi ti irridevano. Allora, davanti ad una prospettiva piuttosto squallida, cioè quella di girare tutta l’Italia magari in squadrette di provincia a fare figure poco più di mediocri, decisi di appendere le fatidiche scarpe al chiodo».

«La mia esperienza di tecnico la iniziai nel 1958, alla guida del Rovereto, in quarta serie. Fui poi al settore giovanile del Verona e di lì alla prima squadra il salto fu breve. Dopo una parentesi con il Rimini, la lunga permanenza alla guida della Reggiana: cinque anni, con parecchie soddisfazioni. Ed infine, Reggio Calabria, una esperienza breve e tutto sommato deludente, da cui per tante ragioni non ottenni i risultati sperati».

L’intesa con Vycpalek é perfetta. La competenza di Romolo, detto “Momo” sin dai tempi di calciatore, è fuori discussione; Tra i suoi compiti, sin da allora, uno dei più delicati è quello di visionare le avversarie della Juventus, tanto in campionato che in Coppa. È un lavoro impegnativo e scomodo, visto che obbliga Bizzotto a viaggiare continuamente, due o tre volte la settimana nei momenti di punta. Le relazioni di Bizzotto sono sobrie e concise, in perfetta sintonia con il personaggio.

Un anno importante, il 1971/72, anche per altre ragioni; Bizzotto siede in panchina nel giorno del grande lutto di Vycpalek, accorso a Palermo dove una sciagura aerea gli ha strappato il figlio primogenito. I tifosi juventini si accorgono di questo tecnico garbato e signorile, di misurata compostezza, che pilota la squadra nel decisivo successo sul Cagliari, passaggio obbligato per la conquista del quattordicesimo scudetto.

«Una giornata indimenticabile per tutti noi; dall’angoscia alla gioia per il grande risultato ottenuto. Non fu certo merito mio se la Juventus superò il Cagliari; non feci che seguire le istruzioni dell’allenatore ed i ragazzi fecero la loro parte con grandissima determinazione. Ma fu comunque una grossa soddisfazione, pari soltanto a quella dello scudetto “Primavera”».

La situazione non cambia con l’arrivo dì Carlo Parola. Anzi, l’antica amicizia di Bizzotto con l’ex grande centromediano juventino ed azzurro, facilita ancor di più il compito di entrambi. Nella nuova Juventus che nasce a Villar Perosa, nell’estate del 1974, Bizzotto, pur dietro le quinte, ha un compito fondamentale. Sul piano umano, il suo rapporto con i giocatori è ottimo. I suoi giovani, i nuovi arrivati come Scirea, trovano con questo tecnico, che proprio con i giovanissimi ha forgiato la propria esperienza di allenatore, un supporto prezioso.

Poi, arriva Trapattoni. Ad attendere il nuovo mister, nel 1976, ed a collaborare strettamente con lui, c’è sempre più che mai Bizzotto. È ormai parte della squadra, della società, dell’ambiente.

«Il “Trap” l’avevo già conosciuto come giocatore e mi era sempre piaciuto il suo modo di stare in campo, la sua grinta ma, nello stesso tempo, la sua lealtà e le sue dichiarazioni sempre pulite, sincere. Un giorno, Boniperti mi disse che aveva assunto Giovanni come allenatore, pregandomi di recarmi con lui a Villar Perosa per mostrargli gli impianti sportivi e, nello stesso tempo, perché facessi una conoscenza più approfondita del personaggio con cui avrei dovuto lavorare. Trapattoni mi espose le sue idee, i suoi programmi, i suoi progetti, facendomi subito un’ottima impressione; abbiamo legato subito e, così, è iniziata una grande collaborazione».

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Bizzotto è una presenza tanto discreta quanto insostituibile. Qualcun altro, dopo aver fatto tanta anticamera, chiederebbe più spazio ed attenzioni, oppure accetterebbe al volo qualcuna delle tante proposte che gli arrivano, per trasferirsi ad allenare altre squadre. Ma Bizzotto non si lascia neppure sfiorare dal dubbio. La Juventus è la sua casa, la sua seconda famiglia: “Momo” se la tiene ben stretta e Boniperti si tiene ben stretto lui. Fino alla pensione, che, se chiude la sua lunga vicenda di allenatore, non interrompe di certo il suo amore per la maglia bianconera.

«È stato un vantaggio, per noi ex juventini, trovarsi a lavorare in un ambiente già conosciuto e, dunque, ci siamo ambientati con maggiore facilità. Ma è strato un vantaggio ancor più grande per la Juventus; il nostro sviscerato amore per i colori bianconeri, infatti, ci ha sempre spinto a dare alla Juventus, oltre al meglio di noi stessi, anche quel di più che forse altri, estranei, non sarebbero stati in grado di dare».

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sorteggio Champions, Barcellona

Se c’era qualcuno che speravamo di non incontrare  era il Barcellona,  con tutto il rispetto per il Bayern che a mio avviso è si  pericoloso come i catalani ma decisamente piu’ abbordabile cioe’  per lo meno  ti lascia giocare ,  i blaugrana sono il peggio del peggio,  ce l’hanno dimostrato nel ritorno col Psg anche se non ce n’era bisogno, la loro storia parlava gia’ abbastanza chiaro e non avevamo bisogno di ulteriori motivi  per renderci conto della loro forza , c’e’ pero’ da dire che se c’e’ una cosa che non dobbiamo fare in questo momento e’ piangerci addosso e considerare il prossimo turno dei quarti una pratica gia’ chiusa perche’ non lo e’ ,  non lo e’ affatto,  la Juve ha dimostrato di essere una squadra solida , con fuoriclasse di assoluto valore internazionale e ben messa in campo , il Barca a detta di molti non e’ il miglior Barca degli ultimi anni, anche su questo giudizio abbastanza opinabile , ci sarebbe da discutere in effetti pero’ noi siamo indubbiamente piu’ forti di due anni fa quando a Berlino sfiorammo quello storico triplete che ancora adesso mi infastidisce non poco  quindi possiamo sicuramente giocarcela, non disperate , non mettete le mani avanti come usano fare granata,  napoletani  e altri  ,  il vittimismo non paga  mai,  basso profilo non significa mettersi a novanta gradi e lasciarsi fottere bensi’ essere furbi, aspettarli e colpirli ben consapevoli di aver le carte in regola per farlo , siamo la Juventus non dimentichiamolo mai !  E adesso tanto per sdrammatizzare ed esorcizzare la faccenda un bell’amarcord su Juve Barca 1986 , daccordo fini’ male per noi come anche in altre occasioni  negli anni a venire , ma la conoscete  la legge dei grandi numeri, no ?

I clamorosi errori sotto porta di Marco Pacione nei quarti di finale di Coppa Campioni nel 1986

Deve essere brutto passare tra i giardinetti di una città come Torino e vedendo dei ragazzini giocare al pallone, magari con la maglia della squadra in cui tu stai giocando come professionista, davanti ad un madornale errore di uno di loro gli altri lo prendono in giro dicendogli che sei peggio di… e fanno il tuo nome. Forse è quello che è successo qualche volta a Marco Pacione, attaccante (riserva) della Juventus della stagione 1985/86, dopo la sera probabilmente più brutta della sua vita, che avrebbe potuto diventare la sua più bella, almeno calcisticamente parlando.

È il 19 marzo del 1986. La Juventus giunta ai quarti di finale della Coppa Campioni affronta il Barcellona. I blaugrana hanno vinto all’andata per una rete a zero, al ritorno le possibilità di rimonta sono concrete. Alla vigilia della gara deve però dare forfait l’attaccante titolare di quella Juventus Aldo Serena, e Trapattoni schiera così la riserva Marco Pacione, cresciuto nelle fila dell’Atalanta giovane dalle grandi promesse. Sullo zero a zero, nella prima parte della gara, la Juventus gioca un ottimo calcio mettendo alle corde gli avversari e tutto lascia presagire che da un momento all’altro possa arrivare il gol che rimetterebbe in parità la sfida. Ma purtoppo le due occasioni più ghiotte capitano sui piedi dello sventurato Marco Pacione, il quale si aggira in campo con l’aria di un poveraccio catapultato lì da chissà quale mondo. Nel primo caso Laudrup gli passa, davanti alla porta vuota, un pallone che basterebbe toccare con i lacci delle scarpe per tradurre in gol, nel secondo Massimo Mauro centra dalla destra un cross basso. Pacione parte bene, attacca il primo palo e sembra poter anticipare tutti. Ma la palla scivola via tristemente in fallo di fondo, sotto lo sguardo di un incredulo Platini. Brio e Tacconi fanno il resto permettendo ad Archibald il gol del vantaggio. Platini riesce con classe a pareggiare, ma è ormai troppo tardi. La tassa Marco Pacione obbliga i bianconeri a uscire dalla Coppa. Da quel giorno sbagliare a porta vuota avrà un modo nuovo di essere detto, “alla Pacione” appunto.

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Juventus Football Club, Pride of Turin

 

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Juventus, Juventus la squadra dei grandi sei tu che non tramonta più. La gioventù di cui portiamo il nome ci pulsa appien nei muscoli e nel cuor sappiam goder ma pur sappiamo come si debba oprar sui campi dell’onor.

Prima del dì della vecchiezza del sacro ardore giovanil vogliam goder vogliam goder tutta l’ebbrezza in un radioso eterno april vogliam goder vogliam goder tutta l’ebbrezza
in un radioso eterno april.

Juventus, Juventus la squadra dei grandi sei tu che non tramonta più.Sovra il terren la palla vaga e balza veglia il terzino e l’half ricaccia a vol dalla tribuna un plauso al ciel s’innalza
quando l’avanti pronto segna il goal.Scoccata è l’ora della gloria urla di gioia anche il portier     hip hip hurrà hip hip hurrà per la vittoria dei bianco ner dei bianco ner
hip hip hurrà hip hip hurrà per la vittoria dei bianco ner dei bianco ner.

Juventus, Juventus la squadra dei grandi sei tu che non tramonta più.Miei cari amici difendiam con gioia i colori nostri e il gioco del football i rammolliti fiacchi per la noia
ne dican pur tossendo tutto il mal.Noi riderem di quei vecchioni nel nome della gioventù
eternerem eternerem le tradizioni del Club che non tramonta più eternerem eternerem le tradizioni del Club che non tramonta più!

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Nagc (Nucleo addestramento giovani calciatori)

Il libro su Mario Pedrale lo consiglio a tutti, ottima prefazione di Roberto Bettega peraltro,  il libro narra la storia di un’uomo che ogni tifoso bianconero dovrebbe conoscere e lodare all’inverosimile ,  Mario Pedrale per chi non lo sapesse fu’ l’allenatore dei giovani  juventini, uno dei capostipiti degli attuali allenatori di settore giovanile che siano alla juve o da altre parti non conta, conta l’amore che questo libro trasuda, amore per il calcio giovanile e per la scoperta di talenti, dote sempre piu’ rara nel calcio moderno al contrario attentissimo nel porre in primo piano altri valori quali la vittoria a tutti i costi , il fenomeno mediatico dei top player e dei procuratori, altro male del calcio e prima causa della rovina di tante squadre di calcio nonche’ della perdita dei veri valori che un tifoso dovrebbe avere ….

Il Nagc ovvero il Nucleo di addestramento dei giovani calciatori  dai 10 ai 14 anni era un’autentico laboratorio, una sorta di nucleo nato quasi clandestinamente anche se per volonta’ di Umberto Agnelli che doveva avere come unico fine la scoperta di giovani talenti da fornire alla prima squadra.

I primi apprendisti calciatori del Nagc appartenevano alle leve del 1944, 45, 46, 47, Umberto Agnelli che all’epoca era anche presidente della Figc  obbligo’ tutte le societa’  professionistiche ad istituire il proprio Nagc , per i dilettanti tale obbligo non sussisteva per ovvi motivi di budget ma era incentivato tramite aiuti concreti come palloni, maglie e attrezzature varie, oltre alla Juve e al Toro nella nostra citta’ aderirono club come G.S. Agnelli, Barcanova, Vanchiglia, Bacigalupo, Cenisia , Pino Maina e Spartanova ovvero l’elite del calcio giovanile sabaudo di allora , alcuni di questi club all’avanguardia anche adesso.

A sovrintendere il Nagc fu’ messo Silvio Piola  che credo (piu’ che altro spero)  non abbia  bisogno di presentazioni , per la Juve il responsabile era invece Mario Pedrale, parliamo della fine degli anni 50 , piu’ precisamente il 1958, mai scelta fu’ piu lngimirante e ben riposta di quella visti i risultati che quest’uomo ci ha dato e di come lo descrivono tutti i giocatori che ci hanno avuto a che fare alcuni dei quali bandiere e leggende che hanno vestito la casacca bianconera come Bettega o Furino ad esempio. La popolarita’ di Pedrale raggiunse quella di personaggi del calibro di Charles o Sivori che quegli anni per dire  erano i nostri Higuain o Dybala , amorevole verso i suoi ragazzi quanto rigido all’estremo per correggerne eventuali errori o modi di fare non consoni a quelli propri di un calciatore per l’appunto, quanto servirebbero oggi persone di quella caratura morale vedendo lo scempio di cosa sono diventati i giocatori  che gia’ a 18 anni si credono dei divi o che guidano la Ferrari ….

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In un’intervista a Hurra’ Juventus nel 65 Pedrale  parla del Nagc, quell’anno diceva Pedrale , il settore giovanile della Juventus  ha in forza ragazzi delle classi dal 1950 al  1954 , questi ragazzi dice noi alla Juventus li chiamiamo i ‘Marchini’ per ricordare Pio Marchi  ex giocatore della juve  uno dei precursori del Nagc, i ragazzini venivano scelti dopo un provino solitamente al sabato pomeriggio  e successivamente avviati a diventare dei calciatori , insegnandogli sia la tecnica di base che migliorandoli fisicamente , di regola senza farli giocare quasi mai  in partita piu’ che altro  per forgiarne il carattere e fargli capire che era stati scelti  per diventare dei calciatori non per farli divertire a tirar calci a un pallone , poi in realta’ non era proprio cosi e qualche partita la facevano , ma  lo scopo era quello di creare un vivaio ed evitare che il club andasse a spendere soldi per prendere giocatori da fuori Torino o fuori dal Piemonte quando magari in casa ne aveva di piu’ bravi, il sogno di ogni settore giovanile odierno peraltro . A questi giovani Pedrale insegnava prima di tutto una cosa, che studiare era piu importante di giocare a calcio e li redarguiva minacciando di cacciarli se solo avesse scoperto che trascuravano gli studi per il calcio , pare non scherzasse su questo punto … Il connubio serieta’ , impegno , disciplina alla Juventus era un dogma imprescindibile ed ancora oggi lo e’ , anche per merito suo a mio avviso. I giocatori del Nagc erano anche i raccattapalle alle partite della prima squadra e venivano scelti dallo stesso Pedrale dopo ogni allenamento , immaginate la gioia dei prescelti quando la scelta cadeva su di loro , i raccattapalle erano onorati , si sentivano come parte della prima squadra , la domenica pomeriggio potevano finalmente avere il loro momento di gloria e farsi vedere in mezzo ai grandi campioni della Juve  cosa desiderare di piu’ ?  Date retta  leggetevi il libro e tornerete bambini ,  se avete vissuto quegli anni ricorderete con nostalgia quanto vostro papa’ vi portava allo stadio o agli allenamenti , a me leggerlo sta’ facendo questo effetto .

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Nagc Juventus classe 1050. In alto da sinistra: Nolfo , Avere, Tarucco, Baldi, Del Giudice, Santagata.  In basso: Bettega, Avonto, Iacolino II, Ghiringhelli, Bonaudi.

Oggi a Cherasco… in memoria dei 39 angeli !

da “Juventus.com”

Il monumento inaugurato alla presenza del Presidente del J|Museum Paolo Garimberti

Un simbolo, che ricordi per sempre le vittime dell’Heysel, e un monito per far sì che simili tragedie non accadano mai più: è il monumento inaugurato oggi a Cherasco, in memoria delle 39 persone scomparse il 29 maggio 1985 a Bruxelles.

“+ 39 Nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi resta, per sempre” è la scritta scolpita sull’opera, voluta e realizzata dall’associazione “Quelli di via Filadelfia”, che sostiene la Fondazione per la Ricerca sui Tumori dell’Apparato Muscoloscheletrico e Rari Onlus. I rappresentanti dell’associazione hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione, insieme ai membri dell’”Associazione fra i Familiari Vittime dell’Heysel”, alle autorità locali e al Presidente del J|MuseumPaolo Garimberti.

 

da “targatocn.it”

Cherasco ricorda i caduti dell’Heysel con un monumento

Un’ulteriore lodevole iniziativa per la città delle Paci. Sabato 16 aprile a partire dalle ore 10 nei giardini adiacenti la Cappella della “Madonnina delle Grazie” si svolgerà l’inaugurazione del primo monumento eretto in Piemonte in memoria delle 39 vittime della tragedia dello stadio Heysel del 1985 a Bruxelles, durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.

Trattandosi di un’iniziativa “super partes” e senza connotazioni di tifo o di colori, bensì voluta e creata per sensibilizzare le nuove generazioni su ciò che generò la violenza nel calcio, parteciperanno i dirigenti e i ragazzi delle squadre giovanili dell’A.S.D. Cheraschese 1904, così come rappresentanti e delegazioni di molte altre società sportive della provincia di Cuneo. E’ certa la partecipazione di alcuni rappresentanti della F.C. Juventus così come dell’associazione “Famigliari delle Vittime dell’Heysel” e molti amministratori e autorità del territorio.

Questo il programma:

– Ore 10: apertura sotto i portici di “Palazzo Mantica”, Via Vittorio Emanuele (o giardini sotto l’arco) della Mostra fotografica “Per non dimenticare Heysel”(curata dal “NUCLEO 1985”)

– Ore 11: ritrovo nei giardini del Santuario “Madonna delle Grazie” (Madonnina) di Cherasco, nelle vicinanze del Monumento ai caduti

– Ore 11.30: inaugurazione del Monumento dedicato alle “Vittime dell’Heysel”, realizzato nell’area adiacente, con interventi a cura delle Autorità locali e Associazioni invitate

– Ore 12: benedizione del Monumento officiata dal Parroco della città Don Angelo Conterno

– Ore 12.30: aperitivo e rinfresco

– Ore 20: chiusura mostra fotografica

Importante il commento del sindaco di Cherasco Claudio Bogetti: «Ricordare è un dovere per tutti. Il monumento ai caduti dello stadio Heysel non è una celebrazione di tifosi, ma un simbolo che vuole riportare a quel 29 maggio del 1985 quando 39 persone, uomini, donne, ragazzi erano partiti per una giornata di sano divertimento, e seguendo la squadra del cuore non andavano in guerra. Eppure in quello stadio lo scenario che si è presentato è stato drammatico. Trentanove innocenti morti, tantissimi feriti solo perchè si sono trovati nel posto sbagliato, vittime di una follia umana che non ha e non può avere spiegazioni. Il monumento che inauguriamo a Cherasco vuole essere un ricordo, ma anche un monito affinchè questi tragici episodi non debbano più verificarsi. É un monumento di tutti, perchè in quello stadio poteva esserci chiunque di noi, tifoso di qualsiasi squadra e come Sindaco sono orgoglioso che un gruppo di cittadini abbia fatto la scelta di erigere questo simbolo, volto soprattutto ai giovani affinchè siano consapevoli di ciò che è successo e delle tragiche conseguenze di comportamenti sbagliati

Da “La Stampa”

A Cherasco il monumento per le vittime dello stadio Heysel

Fra i tanti ospiti all’inaugurazione dell’opera dedicata ai 39 morti allo stadio di Bruxelles nel 1985 anche il presidente dello Juventus Museum Paolo Garimberti

Doppia inaugurazione questa mattina (sabato 16 aprile) nella Città delle Paci. Dietro il santuario della Madonna del Rosario è stato aperto il nuovo giardino della «Madonnina», un’area verde frutto di una donazione delle famiglie Marengo Bonfante, realizzata dalla Omg Scavi di Verduno. «Un bel biglietto da visita all’ingresso in città – ha commentato il sindaco Claudio Bogetti – in una zona panoramica, i Bastioni. Una passeggiata che guarda verso il suggestivo paesaggio di Langa». Nel nuovo giardino è stato inaugurato il monumento alle vittime dell’Heysel, voluto dall’associazione Quelli di via Filadelfia in collaborazione con il Comune, a ricordo delle 39 persone morte nello stadio di Bruxelles il 29 maggio 1985. «Non un monumento alla Juventus – ha commentato il primo cittadino – ma un ricordo di persone che erano andate in Belgio seguendo la squadra del cuore, per una serata di sano sport e divertimento e hanno trovato l’inferno e la morte».

«NON DIMENTICHIAMO QUELLA TRAGEDIA»

Presenti alla cerimonia tanti tifosi e club bianconeri, Paolo Garimberti, presidente dello Juventus Museum, Andrea Lorentini, giovane presidente dell’associazione Vittime di Heysel e Domenico Beccaria, presidente del Museo Grande Torino. C’era anche l’eurodeputato Alberto Cirio: «Non dobbiamo dimenticare quello che successe trent’anni fa a Bruxelles. Dobbiamo trarne insegnamento. Purtroppo la sicurezza in Belgio già allora aveva mostrato le sue lacune e le ha dimostrate non molto tempo fa. Che si parli di stadio o di altro il problema sicurezza deve essere argomento all’ordine del giorno per tutti, a tutti i livelli». Dopo aver tolto il telo dal monumento che fa bella mostra nel giardino, i piccoli calciatori della Cheraschese e di altre società sportive del territorio hanno posato ai piedi della scalinata 39 rose: una per ogni vittima di quella tragica serata del 1985.

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rip Nino Sforza

Purtroppo oggi e’ mancato un’altro personaggio storico fra i tifosi della Juve, ci ha lasciati Nino Sforza , chi frequentava la Filadelfia degli anni settanta e ottanta, ma anche il Delle Alpi negli anni novanta non potra’ negare di averlo incontrato almeno una volta, era il responabile del Primo Amore il glorioso club di via Del Carmine a Torino il cui striscione affiancava quello della Fossa nelle balaustre del vecchio Comunale ,  con il club di Via Bogino rappresentava il primo nucleo degli ultras juventini prima che nascessero i gruppi storici della curva, personalmente ho avuto modo di vederlo spesso nell’ultima parte degli anni ottanta  in Filadelfia  come nei primi anni novanta in curva Scirea al Delle Alpi e per un ragazzino come il sottoscritto all’epoca  ascoltarne i discorsi anche se con  un ruolo ormai defilato  vista l’eta’ era come rivivere un flash back di un’epoca che purtroppo  per questioni d’eta’ il suddetto ragazzino non poteva aver vissuto, sensazioni che si respirano guardando il film Ragazzi di stadio , lo si vede in uno spezzone della riunione proprio alle spalle di Beppe Rossi , uno dei pionieri del tifo juventino , un vero tifoso doc conosciuto da tutti e rispettato sia in societa’ che fra gli stessi giocatori ,  ormai sono in tanti ad averci lasciato e questa bruttissima notizia non puo’ che aumentare il senso di vuoto e tristezza per una curva che ha gia ‘ perso anche recentemente personaggi di assoluto spessore , persone forse  fuori moda perche’ appartenenti ad un’altra epoca , ma per chi e’ ultras e soprattutto juventino  nel cuore e nella testa non moriranno mai … ciao Nino Sforza , ale’ magica Juve !

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quei momenti al Combi

12801093_1097911076940209_4836913933409499329_nBettega Benetti Cuccureddu e Tardelli al lavoro nel vecchio e glorioso campo Combi, Il Campo sportivo Gianpiero Combi, più comunemente detto Campo Combi per esteso Campo Combi-Marchi-Caligaris visti i settori in cui era suddiviso, era il vecchio campo di allenamento della Juventus in via Filadelfia, proprio davanti all’ingresso della curva Filadelfia nel vecchio stadio Comunale . Inaugurato nel 1943 come Campo Sportivo Juventus e ribattezzato tredici anni più tardi alla memoria di Gianpiero Combi,portiere pluricampione d’Italia con la Juventus nonché campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1934, una capienza di 2 500 posti,  oltre ai bianconeri ospito’ la Nazionale militare italiana di calcio durante gli anni cinquanta e quella maggiore durante la fase di qualificazione del campionato del mondo 1978 e il campionato d’Europa 1980.

Abbandonato a seguito del trasferimento delle squadre giovanili della Juventus al Centro Sisport, l’area è occupata dal 2011 dal Palazzo del Nuoto e da un parcheggio sotterraneo a uso della facoltà di economia e commercio dell’Università di Torino.

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